Il barboncino nano e il barboncino toy sono le varianti più piccole dei cani barbone, antica razza canina originaria della Francia o più probabilmente – secondo alcuni esperti – della Germania[1].
Di certo, abbiamo testimonianze dell’esistenza di questa razza sin dalla fine del Medioevo. La prima rappresentazione pittorica di un cane barbone è probabilmente quella realizzata all’incirca nel 1497 dal pittore tedesco Albrecht Dürer, che nel suo dipinto Flagellazione di Cristo ritrasse in primo piano proprio un barboncino (evidenziato nella figura successiva).
Come molti sanno, le diverse razze canine derivano dal lupo (con il quale i cani condividono oltre il 99% del proprio DNA), attraverso una selezione che solo in parte è opera della natura, perché è stata principalmente realizzata dall’uomo, che attraverso un’attenta gestione degli incroci ha condotto nel corso di migliaia di anni all’attuale esistenza di circa 400 razze canine molto diverse tra loro, basti pensare che si va dai circa 500 grammi di peso di un Chihuahua ai 140 chili del San Bernardo.
Questo processo di selezione era finalizzato a creare dei cani destinati ad esigenze specifiche. Nel caso del barbone, uno degli utilizzi principali ai quali era destinato era la caccia alle anatre e ad altri uccelli acquatici, come cane da riporto in acqua: l’uomo colpiva con un’arma l’anatra e il barbone riportava al padrone il corpo dell’uccello, anche quando questo cadendo in acqua ne avrebbe reso complicato il recupero all’uomo.
Proprio per questo motivo, in Francia – dove è considerata una razza nazionale – il barbone si chiama caniche (si pronuncia canìsc, con la “sc” pronunciata come nella parola “scena”), che deriva secondo alcuni da canard (pr. canàrd;sign. “anatra”), secondo altri da chien canne (pr. scièn càn; sign. “cane da canna”) o da canichon (pr. canisciòn; sign. “cane anatra”).
Anche il termine tedesco pudel (pr. pùdel) – dal quale deriva l’inglese e ormai internazionale poodle (pr. pùdol) – nasce dall’antica parola tedesca pudeln o pudelin, che indica lo spruzzare acqua lanciandosi in essa.
In Italia si è invece preferita la denominazione barbone e barboncino, che fa riferimento ad aspetti estetici, in particolare al tipo di pelo denso e riccio.
Quindi, attraverso ripetuti incroci che partirono probabilmente da un cane ancora oggi esistente, il barbet (pr. barbé, v. fig. successiva), già particolarmente abile a muoversi nell’acqua, si arrivò all’attuale cane barbone, che accompagnò per secoli tanti cacciatori di anatre, e non solo.
L’origine, appena descritta, della razza, ci spiega parecchi aspetti non solo estetici ma anche comportamentali dei nostri amici.
Ad esempio, una delle toelettature classiche del barbone e del barboncino, detta Continental, Leoncino o Leon – oggi esasperata da alcuni toelettatori, come nel caso della fig. successiva – deriva in realtà dal suo impiego originario come cane da riporto in acqua nella caccia all’anatra.
Se osserviamo l’immagine, possiamo capire che il pelo veniva preferibilmente lasciato lungo nella parte anteriore del corpo per proteggere cuore, polmoni e orecchie dal freddo, dall’umidità e dal vento. Ciuffi di peli erano lasciati anche in corrispondenza dei piedi, a protezione delle articolazioni e per limitare graffi e ferite alle zampe. Al contrario, il pelo veniva rasato sul muso per favorire la presa e nella parte posteriore del corpo per assicurare la maggiore libertà possibile alle zampe posteriori, con le quali il barboncino si muoveva nell’acqua. Faceva eccezione la coda, alla sommità della quale era lasciato crescere un ciuffo ben evidente. Un ciuffo di pelo era lasciato anche sul capo e a volte ad uno o ad entrambi veniva legato un piccolo nastro colorato. La ragione era molto pratica: quando il cane doveva recuperare l’anatra colpita, si inoltrava prima tra i cespugli e poi, spesso, nell’acqua. In entrambi i casi i ciuffi in cima alla testa e alla coda agivano da vero e proprio segnale che permetteva una più facile individuazione del cane, sia quando si trovava tra la vegetazione, sia quando era in acqua.
Perciò, quando troviamo il nostro amico barboncino con in bocca un calzino, un fazzoletto o una pantofola, rendiamoci conto che ripete un “imprinting” che deriva dalla sua origine di cane da caccia, allo stesso modo come quasi tutti i cani scavano nella cuccia, sul tappeto, sul divano o sullo stesso pavimento, inconsciamente imitando il loro antenato lupo che scavava nel terreno una piccola buca dove riposare.
[1] L’origine della razza dei barboncini – così come quella di altre razze canine – affondando nei secoli è avvolta da incertezze, se non dal mistero. Sono perciò state avanzate rivendicazioni anche da altri paesi, anche africani, che sostengono che è nei loro territori che nacque il cane barbone.
Questo articolo è tratto da "La fantastica storia del cane e del barboncino", che ti racconta quando, come e perchè sono nati e si sono evoluti il cane e la razza barbone.
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