Un grande legame d’affetto strinse il nostro barboncino a uno dei maggiori filosofi di ogni epoca: il tedesco Arthur Schopenhauer.
Recentemente, uno scrittore e illustratore tedesco, Helme Heine, ha pubblicato un libro di successo tradotto anche in Italia e dedicato ad alcune curiosità riguardo il mondo dei filosofi, scegliendo come titolo proprio “Il barboncino di Schopenhauer e altre curiosità filosofiche”.
Quello che negli anni ha stupito i biografi di Schopenhauer è come un uomo così asociale, predicatore del pessimismo più completo, potesse sviluppare un affetto così forte nei confronti del suo barboncino.
Cominciamo col dire che, in realtà, il barboncino di Schopenhauer… sono due. Il primo, Atma– parola dell’antica lingua sanscrita, che significa letteralmente “anima del mondo” – morì nel 1850 e subito il filosofo ne comprò un altro, che chiamò prima Butz, poi Brahma e, infine, di nuovo Atma. Da questa coincidenza di nomi nasce l’errore di considerare unico il barboncino posseduto dal filosofo. Quello che è invece indubbiamente unico è l’amore che provò Schopenhauer nei confronti dei suoi amici barboncini. Sappiamo, ad esempio, che Atma (usiamo questo unico nome per riferirci ad entrambi i barboncini) seguiva il filosofo anche nei ristoranti, che scherzosamente Schopenhauer si rivolgeva a lui chiamandolo “signore”, che il filosofo cambiò casa nel 1859 dopo aver litigato con un vicino infastidito dall’abbaio del cane e che poco prima di morire incaricò la sua domestica di prendersi cura di Atma.
Questo articolo è tratto da "La fantastica storia del cane e del barboncino", che ti racconta quando, come e perchè sono nati e si sono evoluti il cane e la razza barbone.
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