Una delle molteplici qualità del barboncino che trova riscontro in numerose testimonianze, è quella di riuscire a ritrovare il proprio padrone anche in caso di smarrimenti avvenuti a enormi distanze. Abbiamo ricordato nel precedente articolo Moffino, che secondo le testimonianze giunteci, per ritrovare il suo padrone avrebbe compiuto un poco credibile viaggio dalla Russia all’Italia.
Sempre dalla Russia, ma stavolta con obiettivo la Francia, partì Baron, un cane barbone che era in possesso del famoso scrittore francese Victor Hugo. Hugo lo donò a un suo amico che partiva per un incarico diplomatico a Mosca. Qualche tempo dopo, Hugo ricevette però una lettera dall’amico, nella quale gli rivelava che Baron si era smarrito e, nonostante continue ricerche, non era stato possibile ritrovarlo.
All’incirca un mese dopo, la domestica di Victor Hugo, aprendo la porta trovò un cane barbone coperto di polvere ed eccezionalmente magro. Inizialmente Hugo si rifiutò di accettare l’ipotesi che il cane fosse Baron, in quanto riteneva razionalmente impossibile che potesse aver percorso migliaia di chilometri, per di più in un solo mese. Poi, colpito dall’affetto del suo amico a quattro zampe, Hugo non se ne separò più per i sette anni successivi nei quali visse il cane[1].
Indubbiamente, storie come quelle di Moffino e di Baron lasciano, in chi le legge, molte perplessità. Al di là della capacità di ritrovare le tracce del proprio padrone, i due cani avrebbero dovuto percorrere ogni giorno diverse decine di chilometri per colmare la distanza di oltre duemila chilometri. Altre storie di ricongiungimenti meno eccezionali – stavolta nell’ordine delle decine di chilometri – possono invece essere riportate a un’altra qualità indubbiamente molto più sviluppata nel barboncino rispetto ad altre razze canine: l’olfatto.
Non a caso, nelle pagine dedicate alla razza barbone nel suo “Vita degli animali” – un vero e proprio best-seller ottocentesco, tradotto in decine di lingue – il biologo tedesco Alfred Edmund Brehm scrisse che “il suo olfatto è celebre; se ne vale per riconoscere i figli del padrone, e ne ritrova le tracce perdute; se gli si dà a fiutare la scarpa o alcun che di un bambino smarrito, egli ritrova da sé quest’ultimo, grazie alla durata dell’impressione di questo odore. È difficile che s’inganni; l’olfatto gli è assegnato come mezzo di riconoscimento”[2].
Il Brehm, d’altra parte, elogiava anche altre caratteristiche: “dei cani tutti il barbone è il meglio conformato. Ha una bellissima testa, il corpo ottimamente fatto, elegantissime forme, petto pieno, largo, gambe ben modellate, non troppo alte né troppo basse, né lunghe né corte, e si presenta meglio di tutti i cani. Fisicamente è atto ad ogni esercizio. Impara da sé a ballare, poiché la sua natura semi-umana lo spinge a drizzarsi verso il padrone, a star su due gambe, a camminare ritto. Tosto accortosi che ciò può fare, lo fa sovente da sé quando ne ha voglia.”[3].
[1] Patrick Cendrier, Des chiens et des hommes, Paris, Publibook, 2003, p. 47.
[2] Riportato in Michele Lessona, I cani, Milano, Rizzoli, 1983, p. 15.
[3] Ibidem.
Questo articolo è tratto da "La fantastica storia del cane e del barboncino", che ti racconta quando, come e perchè sono nati e si sono evoluti il cane e la razza barbone.
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